lunedì 28 luglio 2014

Sciroppo di ribes dell'Artusi

Sciroppo di ribes

"I siroppi di frutta acidule, sciolti nell'acqua fresca o gelata, sono bibite piacevoli e refrigeranti, molto opportune negli estivi ardori..."

Con queste parole Artusi apre il capitolo dedicato ai "Siroppi" nel suo libro " La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene".
Sicuramente, quando il maestro Pellegrino scriveva, le stagioni non erano totalmente in preda alla follia, Luglio ed Agosto erano davvero i mesi degli "estivi ardori" e non delle pioggia e della nebbia, come sta succedendo in questi strambi giorni.
Eppure è estate e, malgrado le temperature, alberi e piante portano a compimento il loro lavoro, fortunatamente.
Con un po' di ritardo, quest'anno in giardino sono maturati anche i ribes.
La maggior parte li ho usati per la marmellata, che adoro, soprattutto per farcire i biscotti,
 ha un colore unico!
E poi mi sono cimentata nello sciroppo.
In realtà in due versioni di sciroppo.
La prima versione, più semplice e sbrigativa l'ho realizzata cuocendo direttamente i frutti con lo zucchero e l'acqua.
Il gusto buonissimo, ma il colore leggermente torbido.
Poi, come spesso accade stavo sfogliando l'Artusi, cercando tutt'altro (una conserva per i fichi, mi sembra) e ho trovato la sua ricetta per lo Siroppo di ribes, con fermentanzione.
Non potevo non provarlo soprattutto perché il maestro promette un liquido limpidissimo e suggerisce per ottenerlo di abbondare nella fermentazione, tre o quattro giorni!
Non ho saputo aspettare tanto, mi sono fermata al secondo, ma fossi stata più paziente avrei ottenuto il più limpido tra gli sciroppi!
Per il resto ho seguito le sue indicazioni, fatta eccezione per le dosi... L'Artusi parte da 3 kg di ribes... io ne avevo giusto un 500/600 ;) 
Ecco il procedimento così come lo racconta il maestro...

giovedì 24 luglio 2014

"Gattò" di patate, vegetariano

Gattò di verdure

Quando ho conosciuto mio marito, ho scoperto un mondo. 
No, non preoccupatevi, non voglio parlarvi di romanticherie, ma del mio primo incontro con la cucina e anche con la lingua napoletana.
Non posso negare che è stato amore al primo assaggio!
La prima volta che mia suocera mi ha cucinato le montanare, ne ho mangiate ben sei! 
Roba da strabuzzare gli occhi!
Per non parlare della pasta al forno, della pastiera, delle sfogliatelle e via dicendo.

Una sera mio marito (allora fidanzato) mi dice"stasera vieni a cena a casa che mamma ha fatto il gattò di patate"
io: "il gattò?! ma che vuol dire gattòòò?! come parli...? forse il gateau di patate!!"
"no no si chiama gattò, GATTO', a Napoli si dice così"

Dopo averlo assaggiato ho capito che il gateau di patate è una cosa-anche abbastanza insipida- il gattò di patate napoletano- con la sua esplosione di gusto- tutt'altra!! ;)

Oggi, non voglio parlarvi dell'originale gattò napoletano, quello lo fa mia suocera, divinamente e lo lascio a lei, ma di una versione vegetariana che a me è piaciuta tantissimo!

Gattò di patate, vegetariano

Il ripieno è fatto con i peperoni friggitelli, le zucchine e il provolone dolce.
 Mentre la superficie è guarnita da pomodori ripieni aromatizzati al timo limone.

La immaginate una bella tavola apparecchiata ed imbandita in giardino, o anche su una terrazza, con al centro questa meravigliosa bontà?! Io si!
Portatela ad una arrostata, ad un pic-nic o al pranzo di ferragosto! Farete felici tutti :)

summerdinner
Per questo gattò mi sono ispirata ad una ricetta tratta da "La Cucina Italiana" di Luglio.

martedì 22 luglio 2014

Cerasoli sotto spirito

Cearasoli sotto spirito

Quanto fascino hanno quei quadernetti ingialliti dove le nonne annotavano le loro ricette!
Pochi ingredienti, semplici e genuini, scritti con accurata calligrafia.
E' bello ritrovarci i sapori antichi e le preparazioni che hanno il fascino sempiterno di gusti senza tempo.
Budini, torte, marmellate e conserve...e tanti piccoli trucchi e consigli per conservare durante l'inverno i frutti raccolti nel corso della bella stagione.
Sfogliando uno di questi quadernetti quante volte vi capiterà di leggere: sotto spirito.
 Un tempo la frutta veniva conservata soprattutto così, sistemata nei vasetti con lo zucchero, l'acquavite (oppure con l'alcool o il cognac) e profumata con stecche di cannella e mandorle.
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